Laboratorio Alte Valli - Cuore innovativo
Si occupano di impollinazione, producono miele, pappa reale, propoli, cera e sono anche attente sentinelle dello stato di salute dell’ambiente. Lo aveva capito molto prima di noi Albert Einstein, di cui è celebre la frase “Se le api scomparissero dalla faccia della terra, all’uomo non resterebbero che quattro anni di vita”.
Le api, con sempre maggiore frequenza, ci stanno lanciando segnali chiari: la loro sopravvivenza è a rischio. E, con essa, è fortemente minacciata anche la nostra. Negli ultimi anni sono numerosi i fattori negativi che stanno riducendo sempre più la loro presenza in natura.
Chi più, chi meno, gli apicoltori di zona confermano il preoccupante trend della stagione. Ne abbiamo parlato con Sebastiano Di Lorenzo e Valentina Licciardello, dell’apicoltura biologica Seba e Vale di borgata Magnetto ad Almese.
“Innanzitutto – spiega Sebastiano – i problemi sono molteplici, a cominciare da inquinamento, parassiti delle api, calabroni asiatici. Ora anche il clima sta diventando un vero problema: la sua costante instabilità con piogge e grandinate preclude la produzione nettarifera, e le basse temperature non permettono alla pianta di secernere nettare". Seba e Vale praticano fin dall'avvio dell'attività il nomadismo, spostando le arnie a seconda della stagione e del tipo di miele che vogliono produrre.
Valentina in una piantagione di lavanda biologica ai confini con la Liguria
Ma il problema più eclatante, che lamentano denotando grande preoccupazione, è il cambiamento climatico in atto. "Non solo si fa fatica a raccogliere il miele per il commercio - ci dicono. - A volte le api non riescono a produrre neanche la scorta di miele per il loro approvvigionamento, e se non alimentate da noi rischiano di morire di fame. È un allarme a livello nazionale: le api ci stanno facendo capire che sono alla fine".
E questo, specialmente per chi ha improntato la propria azienda su queste produzioni, è uno scombussolamento gravissimo. "Due anni fa il Burian ci ha devastati: non abbiamo avuto produzioni di miele di acacia. E anche quest'anno gli apiari sono alla fame. Proprio ora che le api sono enormi e preparate alla bottinatura dell'acacia, quando si dovrebbero nutrire più che in altri periodi, alle 5.30 del mattino ci sono 3 gradi. Una temperatura invernale, che le coglie di sorpresa. Se le api non hanno nutrimento, si rischia di aprire l'arnia e trovare una distesa di insetti morti, anche la metà, letteralmente morti di fame".
Seba e Vale, che da 5 anni collaborano con la nota casa produttrice di cosmesi Guerlain di Parigi e forniscono diverse erboristerie a Tokio, in Giappone, non ci stanno alle scorciatoie."Non voglio minimizzare – puntualizza Valentina - il problema c'è e la gente deve esserne informata. Quest'anno va peggio che in passato: ormai la variabilità del clima destabilizza completamente la gestione dell'azienda".
Anche Gianni Maggi, di Occitania, conferma come, da alcuni anni, gli inverni caldi e l'improvviso ritorno di freddo fuori stagione complichino e compromettano la conduzione degli alveari: "So di intere famiglie morte di inedia. Io, fortunatamente, non ho vissuto questo dramma, mi sono morte un paio di regine, ma le due orfanità si riescono a rimediare. Tuttavia, in questo periodo nel quale le api devono mantenere calda la covata, garantendo una temperatura di 36°, il clima rigido non consente loro di uscire e ciò rappresenta davvero un problema. L'ape, se la temperatura scende sotto i 10 gradi, se ne sta rintanata nell'alveare. Ne ho trovate alcune morte, altre tutte infreddolite e bagnate dalla pioggia, agonizzanti sopra i tettucci delle arnie. Questo clima bizzarro è davvero una situazione difficile da gestire".
Le api di Occitania Valsusa (Mattie)
Meno drammatico, ma comunque seriamente preoccupato è anche Paolo Listello, apicoltore che utilizza parte della sua produzione per trasformarla nell'Idromele dei Taurini che i valsusini e non solo apprezzano da tempo. "Le mie api quest'inverno sono state nutrite – precisa – quindi non ho timore che muoiano di fame. Tuttavia, con questo clima molto freddo di notte, anche i fiori non danno nettare. Le api non sono attratte dal profumo e non vanno a raccogliere. Temo che, così come accadde due anni fa, quando andò ancora peggio di quest'anno per via delle gelate tardive, sarà molto difficile trovare miele d'acacia in circolazione, a meno che non sia di scorte passate. Ora confidiamo nella fioritura del tiglio, ma sicuramente queste problematiche influiranno sul prezzo del miele ed anche, in alcuni casi, sulla purezza del prodotto".
Insomma, gli apicoltori confermano il trend negativo che non è certo una novità degli ultimi giorni, ma prosegue da almeno 4 anni: "Facciamo questo mestiere professionalmente da 10 anni – conclude Valentina – ed il problema ormai non è vendere, ma riuscire a produrre. Mai ci saremmo immaginati una cosa del genere. Le api ce lo stanno dicendo: il mondo sta male. Ascoltiamole e prendiamo provvedimenti, prima che sia davvero troppo tardi".