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Nel cuore del paese di Bousson, nella parte alta, sorge la suggestiva Casa delle Lapidi, un mistero di pietra che ancora oggi rimane irrisolto.
La Casa delle Lapidi è un complesso articolato di costruzioni, sviluppatosi in periodi diversi intorno ad un nucleo iniziale, un locale rettangolare, probabilmente adibito a cappella e databile all’inizio del 1700.
Intorno ad esso vennero aggiunti in seguito degli altri locali, tra cui alcuni sotto il livello del suolo, che vengono definiti “ cripte” ma servivano probabilmente, come magazzini per alimenti o materiali.
L’esatta data di costruzione è sconosciuta, così come la funzione dell’edificio. Non ci sono tracce di documenti negli archivi, né ecclesiastici né comunali, e nemmeno nella memoria collettiva degli abitanti del borgo rimane traccia di questa curiosa abitazione.
Sulla sua destinazione d’uso si sono fatte molte ipotesi: di sicuro si può escludere che fosse una chiesa, perché non figura nei registri parrocchiali. Si è ipotizzato che fosse un lazzaretto, ma la sua collocazione nel mezzo della borgata sarebbe stata poco compatibile con la funzione di tenere segregati i malati infettivi.
Altri hanno pensato che fosse una specie di dormitorio, un rifugio per eremiti attestato tra il XVII e XVIII secolo, oppure una foresteria gestita da religiosi per dare ospitalità ai viandanti diretti in Francia, ma anche questa ipotesi appare poco solida, perché Bousson è piuttosto lontana dai principali valichi alpini. Forse si trattò semplicemente di un edificio rurale, come le molte altre “grange” diffuse nella zona, ma in tal caso diventa difficile giustificare le sue stranezze architettoniche.
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La Casa delle Lapidi, infatti, deve il suo nome al muro occidentale, che ha la particolarità di ospitare quattordici lapidi di pietra scura scistosa, ed altre due lapidi sono murate in altri corpi murari. L’impressione è quella di una inspiegabile serie di finestre cieche. Inoltre gli spigoli del muro che le ospita hanno un elemento decorativo del tutto insolito: una boccia ricavata dalla stessa pietra angolare.
In realtà la definizione “ lapidi” è impropria: malgrado la forma ricordi quelle delle pietre tombali, le lastre in questione sono decorate con simboli geometrici, religiosi e vegetali che ne ingentiliscono le cornici e recano delle iscrizioni di carattere morale e religioso.
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Le lapidi sono scritte in un francese colto, databile tra la fine del XVII e i primi vent’anni del XVIII secolo, presentano pochissimi errori, segno che lo scalpellino che le ha incise aveva una buona cultura e che forse aveva potuto copiarle direttamente da testi scritti religiosi.
Una delle lapidi riporta la seguente scritta:” Colui che non deplora il proprio esilio non ama né desidera Dio, e colui che non ama né desidera Dio è morto. Ha detto San Giovanni”. Questo testo, apparentemente semplice, è in realtà ambiguo. L’esilio, infatti, può essere inteso allegoricamente come una metafora della vita umana: un periodo in cui l’anima è costretta forzatamente a stare rinchiusa nella prigione del corpo (altro tema che ricorre nelle lapidi della casa), lontana dalla beatitudine del paradiso, ma può anche avere un significato più terreno, e cioè l’allontanamento di una comunità dalla propria patria.
Grazie a questo riferimento si è potuto ipotizzare che la Casa delle Lapidi, sia stata costruita dai Valdesi, una minoranza religiosa effettivamente presente in Valle Susa.
Quella dei Valdesi è una storia ricca di fascino; il movimento venne fondato nel XIII secolo da un predicatore di Lione, Pietro Valdo, la cui predicazione lo portò alla scomunica da parte della Chiesa Cattolica.
Malgrado ciò, la predicazione dei “ barba”, il nome che si davano i predicatori, continuò tra Francia e Italia fino al 1500 quando, ai tempi dello scisma luterano, confluì nella Riforma protestante. Il 600 e il 700 furono secoli di dure repressioni nei confronti dei Valdesi; tra questi si ricordano le “Pasque piemontesi” del 1655 in cui le truppe dei Savoia uccisero più di 1700 persone. A questi massacri seguì una strenua resistenza ed in seguito, per molti ci fu l’esilio in Svizzera, con un successivo “Glorioso rimpatrio” alla fine del 1600.
Ma non è l’unica interpretazione possibile. Alcuni studiosi, infatti, hanno trovato una assonanza tra i messaggi delle Lapidi e quelli della corrente dei Giansenisti , una corrente religiosa seicentesca originata dal Vescovo francese Cornelis Jansen, meglio noto come Giansenio. Il Giansenismo era una corrente del Cattolicesimo Romano che, cercando di mediare con le posizioni religiose dei Protestanti, finì per essere a esse accumunato e condannato. Insisteva su un ritorno alle origini (a Sant’Agostino in particolare), con un taglio particolarmente intransigente, privilegiando un approccio personale ed esistenziale alla religione.
Il carattere severo dei motti sapienziali delle lapidi, potrebbe essere un’eco di questa dottrina, che annoverò tra i suoi aderenti anche nomi prestigiosi come il filosofo Blaise Pascal o il drammaturgo Racine.
La filosofia giansenista appare molto vicina a quella dei Catari, antico movimento spirituale che si è diffuso in molte zone dell’Europa e molto presente anche nel Nord Italia. In effetti la Casa delle Lapidi si trova in una zona che era territorio dei Catari.
Nel 2016 la Casa delle Lapidi è stata restaurata e oggi ospita un museo degli usi e costumi locali (informazioni e orari di visita sul sito del Comune di Cesana Torinese).
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(La foto di copertina è di Franco Plantas, quelle dell'articolo di Valeria Villa)