Laboratorio Alte Valli - Cuore innovativo
Illusi dalla caduta del fascismo il 25 luglio, confusi dall’armistizio dell’8 settembre, gli italiani pochi giorni dopo cominciarono a capire in quale inferno fossero finiti. In Val Sangone la nuova dimensione della guerra arrivò il 23 settembre, con le case depredate con ferocia dai nazisti traditi e prepotenti. Prima si moriva al fronte o sotto le bombe, adesso si muore per un gesto o una parola sbagliata, senza diritti, senza appello, senza pietà.
In Val Sangone il comandante Luigi Milano stava attirando i soldati sbandati e, nell’illusione di stroncare sul nascere quella che sarebbe stata la Resistenza, i tedeschi invadono la valle con uomini ed armi lasciando sul terreno due vittime innocenti, le prime di tante altre nei tragici mesi della Guerra di Liberazione.
Al Forno sparano ad una ragazza diciottenne, Evelina Ostorero che, impaurita dalla presenza dei militari, si si era messa a correre verso la borgata. È sorda e non può intendere l’ordine di fermarsi, viene abbattuta da una raffica.
Poche ore prima al Colletto del Forno avevano ucciso Maurizio Guglielmino, accusato di aver fatto gesti di intesa a dei partigiani “invisibili”, e abbattuto il suo mulo carico di viveri.
Maurizio Guglielmino.
Evelina Ostorero. A lei è stata intitolata l’ex scuola di borgata Ferria.
Leggendo l’episodio come raccontato nel diario del podestà di Giaveno, Giuseppe Zanolli, viene da domandarsi se nel resoconto egli non abbia caricato i toni, e verrebbe da ridere della stupidità dell’assassino, che dopo aver ucciso il Guglielmino uccide pure il mulo scontroso.
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Purtroppo non c’è niente da ridere, perché un innocente perde la vita senza un vero motivo e il delitto viene usato come intimidazione verso la popolazione. Questo era in fondo il vero motivo dell’incursione, tanto che in serata i tedeschi se ne vanno, senza aver incontrato nessun partigiano, ordinando di affiggere manifesti minacciosi, che trasformano un delitto vile e ingiustificato nell’esecuzione di un complice dei “ribelli”.
23 settembre 1943. Alle 19 sono nuovamente chiamato in caserma e qui il maresciallo mi dice che al Colletto del Forno è stato fucilato Guglielmino perché faceva segnali di intesa agli sbandati all’avvicinarsi delle truppe tedesche.
“Impossibile - dico io - il Guglielmino ha il bestiame su quei colli e forse avrà dato il segnale dell’adunata del bestiame”. “
“No - dice il maresciallo - si tratta del pittore Maurizio Guglielmino”
“Peggio ancora, Maurizio è solo dedito al lavoro ed alla sua famiglia, si tratta evidentemente di errore di valutazione”.
Mi risponde l’interprete senza attendere la risposta del capitano “Sono stato io a fucilarlo, perché io stesso ho visto colla mano far cenni, a ribelli rimasti invisibili, di allontanarsi; a bruciapelo gli ho sparato una raffica di mitra al cuore. Nei pressi della sua casa poi vi era un mulo carico di viveri e vestiario per gli sbandati e siccome ricalcitrava e non voleva seguirmi; subito ho dubitato che fosse anche quello uno sbandato e l’ho ucciso allo stesso modo”.
Cosa avrei potuto dire davanti a tanta intelligenza ed a tanto acume… nulla; e nulla dissi, perché sarebbe stato superfluo, ed inutile…
Mi ordinano di far stampare dalla nostra tipografia un manifesto così concepito: “Comando Militare Tedesco. Oggi alle ore 15 in località Colletto del Forno venne fucilato il pittore Maurizio Guglielmino per aver fatto segni di intelligenza coi ribelli. F.to Capitano Affermann Claus Comandante”.
Non vorrei farli fare, ma credo meglio obbedire. È il primo che viene ucciso… dico il primo, perché chissà quanti di noi lo seguiremo.
24 Settembre. Il nipote del povero Maurizio, Enrico Carbonero, a nome della famiglia viene da me per chiedermi come si debba regolare per i funerali dato che non intendono tanto lui che la famiglia correre il rischio di altri guai. Dispongo che si facciano senz’altro i funerali dei quali mi assumo tutta la responsabilità ed ai quali intendo presenziare. È un omaggio che intendo rendere all’amico al quale nonostante la diversità di idee ero veramente affezionato.
(dal “Diario” del Podestà di Giaveno, Giuseppe Zanolli)
Maurizio Guglielmino
Nel libro “Prigionieri di un passato” Giulietta Gastaldo racconta una saga familiare di cui è parte Maurizio Guglielmino “buono, generoso, sollecito”.
Nato nel 1884 aveva costituito col cugino Antonio Mario un sodalizio artistico affiatato. Stimato professore delle Scuole Tecniche Operaie San Carlo, Antonio Mario aveva decorato Maria Ausiliatrice a Torino, le chiese salesiane di Ivrea, Lanzo, Poirino e Castelnuovo Don Bosco. Era intervenuto anche in altre parti d’Italia, prima che la morte lo cogliesse improvvisa sul treno a Brindisi.
L’arte e l’amicizia legavano Maurizio al cugino professore: con lui aveva infatti decorato il Santuario del Selvaggio e la chiesa della Buffa.
Maurizio Guglielmino operava nell’area giavenese. Risiedeva nella bella casa restaurata con richiami medievali che sorge in Via 24 maggio, quasi all’incrocio con Via Maria Ausiliatrice a Giaveno.
Dal matrimonio con Felicina Rege Cambrin erano nate Sandra e Albertina. La prima aveva lasciato l’impiego in municipio per seguire il marito baritono nel coro dell’EIAR (la RAI di allora), Albertina con i tre figli si trovava con lui alla baita del Colletto il 23 settembre del 1943 e lo vide morire per il gesto inconsulto d’un fanatico nazista.
Così nel libro citato Giulietta Gastaldo narra, da una prospettiva familiare, la tragica giornata:
Certo Maurizio parlava sempre chiaramente, non nascondeva la propria avversità ai fascisti. Nel 1921-22 era stato amministratore del partito socialista. Tutti ricordavano ancora come nel ‘40, quando loro tre erano da poco arrivati a Giaveno, certi gerarchi fascisti si fossero opposti all’assunzione in municipio della figlia Sandra! Tanti avevano gridato allo scandalo, dato che non era tesserata ed era figlia di un noto socialista. Ma lo Zanolli l’aveva difesa dicendo che in Comune servivano persone competenti non tesserati! Sandra era stata contenta, aveva lavorato fino al matrimonio quando volontariamente aveva deciso di lasciare.
(...) Una pattuglia tedesca stava risalendo dalla Val Sangone; Maurizio l’aveva avvistata e si era messo a gesticolare verso qualcuno. L’ufficiale tedesco gli aveva sparato una raffica di colpi di mitra al cuore, pensando, così aveva detto in seguito per difendersi, che l’uomo facesse gesti a dei ribelli “invisibili”.
In verità, quand’era stato crivellato di colpi, Maurizio stava solo cercando di dire alla figlia Albertina e ai suoi tre figli, Mauro di dodici anni, Alberto di quattro e Claudia di solo un anno, di restare fermi vicino al lavatoio più in basso”
La casa trasformata in chiesa
L’abitazione di Maurizio Guglielmino nel 1948 è stata ceduta alla Parrocchia di San Giuseppe di Forno e trasformata in una chiesa, intitolata a San Bartolomeo e consacrata il 28 agosto 1949 da Don Giuseppe Viotti.
Era una costruzione piuttosto articolata, che nel dopoguerra è stata ricostruita in modo semplice.
In questa immagine d’epoca si vede come vi fossero al Colletto due nuclei di baite, di cui uno è ormai quasi diroccato. Nel riquadro è stata aggiunta la villa del pittore Maurizio Guglielmino, che sporgeva dal declivio verso Forno ed era un edificio più complesso di quello attuale, come si vede dalla foto seguente, di Bartolomeo Vanzetti. Al suo fianco un modesto cippo ricorda Maurizio Guglielmino.
Le cure della cappella sono affidate ai fedeli che in estate abitano le baite circostanti. Viene celebrata la messa una volta l’anno, il 24 agosto, in occasione della Festa del Colletto, sempre molto partecipata (nella foto sopra al titolo un'immagine di questa festa negli anno '60).
Il Colletto del Forno è raggiungibile con breve camminata sia da Forno che dalle borgate della Maddalena e della Cùmba, e da diversi anni è servito da una carrozzabile sterrata che sale da Pontepietra.
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Colletto del Forno: la casa diventata chiesa di San Bartolomeo
23 settembre 1943, Maurizio Guglielmino ucciso da uno stupido nazista al Colletto del Forno