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Qualche vecchio Piemontese se lo ricorderà ancora: nella lingua subalpina, il termine “carmagnòla” era uno dei termini in uso per indicare la giacca.
Ma anche in francese la parola “carmagnole” indicava una giacca, anzi un particolare tipo di giacca. Secondo il "Dictionnaire Historique de la Langue Française, sous la direction d'Alain Rey", il termine venne attestato per la prima volta nel 1660 nel patois francoprovenzale del Delfinato, nella forma «Carmagniôla», per definire una: «jacquette de cérémonie des paysans», oppure, in Savoia, una «veste portée par les ouvriers piémontais», durante il Secolo XVII.
In Francia la “veste à la carmagnole” divenne popolarissima durante la Rivoluzione, a partire dal 1791, e fu "adottata" dai giacobini. Così il termine "Carmagnol" (al maschile), fu usato anche per indicare i repubblicani più accesi.
Di qui la canzone "Dansons la carmagnole" (Balliamo la carmagnola) e l'espressione "faire danser la carmagnole" (far ballare la Carmagnola), che divenne sinonimo di "infliggere una punizione" e di "ghigliottinare".
Piazza Sant'Agostino a Carmagnola (Foto Angelo Miele).
La Voce "Carmagnole" nel "Dictionnaire Historique de la Langue Française", 1992 (Notare il refuso- "La ville italienne de Carmagnola, en Toscane").
cosa c’entra con tutto questo la città di “Carmagnola”?
Alain Rey non lo spiega (anzi, nel suo testo colloca addirittura Carmagnola in Toscana), ma il motivo risiede nella vocazione marinara di questa cittadina. Bisogna sapere che, fino al XIX secolo, il circondario di Carmagnola basava la sua economia non sul peperone, ma quasi totalmente sulla coltivazione della canapa.
Perché era importante la canapa? Perché essa era indispensabile per i velieri. Dallo stelo della pianta si ricavavano le fibre per tessere le vele e per fabbricare le sartie, le cime, le gomene per l’ancora, le reti di caricamento e quelle da pesca, le bandiere, nonché la stoppa per il calafataggio (cioè quell’importantissima operazione che consiste nell’inserzione tra il fasciame delle imbarcazioni di legno di fibre di canapa impregnate di pece, allo scopo di rendere stagno lo scafo).
Funi, gomene e sartie in canapa di Carmagnola.
Dal XVI al XIX secolo una nave da carico o da guerra di media grandezza necessitava per il solo sartiame di 50-100 tonnellate di canapa, a cui dovevano essere aggiunte le vele, le reti, ecc.. Ma il sale marino aveva un effetto corrosivo devastante, così ogni uno o due anni era necessario rinnovare sartiame e vele.
La canapa veniva utilizzata persino per i vestiti dei marinai e per le loro scarpe di tela con le suole in corda. Gli artigiani di Carmagnola fornivano di vele e sartie innanzitutto la Marina sabauda, sia mercantile che da guerra (quest’ultima aveva la sua munitissima base nella città di Villefranche). Ma i fabbricanti di Carmagnola, attraverso la Strada Reale (aperta nel 1591, per collegare Torino a Nizza, attraverso il colle di Tenda), scendevano con i loro carri ed i loro muli carichi di sartiame anche verso la Provenza e verso il grande porto di Marsiglia, dove i loro prodotti erano apprezzatissimi.
Una "carmagnola" in uso nella Francia del XVIII secolo.
Marsiglia, 1792, la Carmagnole,.
Questi cocchieri erano soliti indossare una giacca corta di taglio dritto, diversa da quella lunga fino al ginocchio con falde aperte posteriormente che si portava allora. Questa giacca, questa «veste portée par les ouvriers piémontais», piacque ai Marsigliesi, che la cominciarono ad adottare, chiamandola “carmagnole”.
Quando scoppiò la Rivoluzione, i sanculotti di Marsiglia la portavano, assieme al berretto frigio, ai pantaloni da marinaio e agli zoccoli. Questa giacca divenne uno degli emblemi rivoluzionari, tanto da dare il nome di “La Carmagnole”, a uno dei più popolari e infiammati inni di quel periodo, e di "Carmagnols" (come detto sopra), ai rivoluzionari più fanatici.
Di tutto questo, che ormai appartiene al passato, rimane oggi a Carmagnola il ricordo non solo nell’ ”Ecomuseo della Canapa”, ma anche nel piccolo e curioso “Museo della Marina”.