Laboratorio Alte Valli - Cuore innovativo
Una visione aerea della valle ci permette oggi di individuarne chiaramente i solchi vallivi e i relativi punti di facile transitabilità. In un passato lontano invece, in assenza di carte topografiche e di GPS, una simile condizione non era realizzabile e ci si doveva accontentare di resoconti e descrizioni più o meno attendibili, quali gli scarsi documenti scritti dei primi secoli, testi essenzialmente greci e latini. Queste fonti sono, nel loro insieme, una testimonianza sicura di ciò che era la possibilità di transito in quei tempi.
A questo proposito molto dettagliata è la descrizione che Ammiano Marcellino1 nel Libro XV del De Rerum Gestarum fa della Val di Susa, riferendosi a quello che noi oggi chiamiamo Gruppo d'Ambin ma che dovremmo provare ad immaginare nel VI secolo, senza fotografie e carte topografiche. Racconta Marcellino: «Il re Cozio addolcì il suo orgoglio e fu ricevuto nell'intimità dell'imperatore Ottaviano e quindi, al ritorno di questo memorabile esercito, egli costruì con enorme materiale di riporto delle scorciatoie, comode per i viaggiatori, attraverso queste Alpi antiche, di cui presto racconteremo ciò che abbiamo appreso».
Primo sole sui denti d'Ambin (Giuseppe Pinin Becchio).
Da questa affermazione appare chiaro che, a causa della benevolenza di Augusto, Cozio si lasciò trasportare a costruire strade che in qualche modo avrebbero intaccato il potere di controllo su un regno, il suo, facilmente dominabile per la particolare struttura morfologica. Col prevalere della potenza romana il dominio dei passi alpini sfuggì così agli autoctoni che gradualmente ne persero il monopolio.
Si pensi all'impresa di Annibale che nel 218 a. C. potè attraversare le Alpi grazie alla rete di alleanze che suo padre, Amilcare Barca, aveva intessuto con le popolazioni celtiche avverse ai romani. Senza l'aiuto di queste tribù, l'ingresso del condottiero cartaginese in Italia non sarebbe stato realizzabile. L'impresa di Annibale ci dà comunque la conferma che in quel periodo i valichi erano ben conosciuti non soltanto in ambito strettamente locale.
E lo scrittore latino così continua: «in queste Alpi Cozie che cominciano alla città di Susa, si alza una cresta, molto alta (praecelsum jugum), inaccessibile da entrambi i versanti, indistintamente»2.
Denti e Rocca d'Ambin, Niblè e Rocher d'Etiache visti dal Piccolo Moncenisio (Nino Guerra).
L'impressionante barriera naturale non era attraversata che dalle due vallate della Clarea e del Galambra. Partendo da Exilles si poteva risalire il corso del torrente Galambra fino al Col d'Ambin (2861 metri) che, malgrado l'altitudine e l'innevamento fino a tarda stagione, era assai frequentato (era di qui che si andava da Exilles a Bramans per l'acquisto del bestiame).
Di contro la comba della Clarea, attraverso il Colle Clapièr e il colle di Savine-Coche, offriva una via d'uscita dalla Val di Susa verso l'Haute Maurienne a un'altitudine inferiore di alcune centinaia di metri rispetto al Col d'Ambin, su un versante più soleggiato e privo di nevai tardivi.
Si può quindi pensare che questa fosse la più importante delle compendiarias (vie abbreviate e comode per i viaggiatori) che Cozio aveva costruito con dei grandi muri di sostegno e che più tardi i Romani utilizzarono per i loro spostamenti massicci. Appare quindi sostenibile che anche Annibale vi avesse transitato, mentre è certo che i valdesi di ritorno dal Glorioso Rimpatrio vi passarono il 23 agosto del 1689.
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Il praecelsum jugum (giogo molto alto) è quel formidabile susseguirsi di cime che superano i 3300 metri che Lavis-Trafford 3, storico inglese e cultore della zona, ha così raggruppato: la prima bastionata est è costituita dal Giusalet (3315 metri) seguito dai Rochers Pénibles (3348 metri), dai Denti d'Ambin (settentrionale 3362 metri, centrale 3353 metri e meridionale 3386 metri), il Monte d'Ambin (3378 metri), il Monte Niblé (3341 metri), la Punta Ferrand (3376 metri) e la Punta Sommeiller (3332 metri).
A partire dalla punta, la linea spartiacque dei bacini del Rodano e del Po continua verso ovest attraverso la Rognosa d'Etiache (3385 metri), la linea della Pierre Menue (3508 metri) e la Cima del Gran Vallone (3125 metri) fino al Thabor (3189 metri).
Più importante ancora è il crinale che, a partire dal Sommeiller, si stacca a sud e passa per la cima dei Fourneaux (3103 metri), la Cima del Galambra (3060 metri) e la Cima del Vallonetto (3222 metri, estremo confine di Salbertrand verso nord-ovest) prolungandosi fino al Monte Seguret, che domina a nord la pianura di "sette miglia" da Salbertrand a Oulx.
L'arco alpino intorno alla Valle di Susa in un disegno esposto al Museo della Montagna di Torino.
L'insieme di queste creste, che si sviluppa per 15 chilometri dal Giusalet al Vallonetto, era avvolto da grandi ghiacciai. Ma che direbbe Ammiano Marcellino se vedesse ora i residui di quelle montagne che tanto spaventarono i Romani per la loro mole, il mistero che emanavano e la durezza del clima?!
Se gli antichi conquistatori potessero leggere il necrologio dei ghiacciai redatto dal CNR di Torino, certamente non sarebbero più così intimoriti.
Il Catasto dei Ghiacciai Italiani già nell'anno geofisico 1957-1958, e dunque prima dell’accelerazione dovuta al riscaldamento climatico, recitava infatti così: «Ghiacciaio del Vallonetto: lunghezza 400, larghezza max 450, larghezza lingua principale: --, variaz. fr. dal 1928 al 1930= -16 m; Ghiacciaio del Galambra: lunghezza 850, larghezza max 450, larghezza lingua principale 200, variaz. fr. dal 1928 al 1930= -16 m; Ghiacciaio dei Fourneaux: lunghezza 600, larghezza max 800, larghezza lingua principale: -, variaz. fr. dal 1926 al 1938= -53 m in disfacimento; Ghiacciaio di Punta Sommeiller (estinto): lungh. 400 ?, larghezza max 350 ?, larghezza lingua principale 250 ?, scomparso da circa 25 anni; Ghiacciaio dell'Agnello: lunghezza 900, larghezza max 1200, larghezza lingua principale: - variaz. fr. dal 1928 al 1938= -52 m; Ghiacciaio del Muttet (estinto): lunghezza 600 ?, larghezza max 750 ?, larghezza lingua principale 150 ?, variaz. fr. -, scomparso dopo il 1935, i dati si riferiscono al ghiacciaio intorno al 1930; Ghiacciaio di Savine orientale (estinto nel 1925)».
Il vallone d'Ambin.
1 Storiografo latino del IV secolo, compagno di guerra dell'imperatore Giuliano.
2 «Molibus magnis extruxit, ad vicem memorabilis muneris, compendiarias et viantibus opportunas, medis interalias Alpes vetustas, super quibus comperta paulo postea referemus. In his Alpibus Cottis, quarum initium a Segusione est oppido, praecelsum erigitur jugum, nulli fere sine discrimine penetrabile».
3 M.A. Lavis-Trafford, "Le Italicus Clivus" in Bibl. Soc. d'Hist. et d'Arch. de Maurienne. Lib. Termignon, St. Jean-de-Maurienne, 1955.