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In Italia esiste una vera e propria venerazione per Sant’Antonio Abate: le feste che in tutta la penisola sono dedicate al santo sono raccolte in un sito, nel quale non può mancare la pagina dedicata a Sant'Antonio di Ranverso.
San'Antonio però non ha alcun legame con il nostro Paese: fu infatti un eremita egiziano a cui si deve l’inizio del cosiddetto “monachesimo cristiano”, ovvero della scelta di passare la vita in solitudine per ricercare una comunione più intensa con Dio.
Antonio nacque a Coma (Egitto) intorno al 251, in una famiglia di agiati agricoltori, e secondo la tradizione fu un taumaturgo capace di guarire le malattie più tremende. Morì all’età di 106 anni; le sue reliquie vennero inizialmente trasportate ad Alessandria per poi essere donate dall’imperatore di Costantinopoli al nobile francese Jaucelin, che le portò nel villaggio di La Motte St. Didier (nel Delfinato).
Qui iniziarono ad affluire folle di malati, affetti soprattutto da "ignis sacer", conosciuto oggi come fuoco di Sant'Antonio.
Per curare la dolorosa malattia e preparare emollienti da spalmare sulle piaghe gli Antoniani si servivano del grasso dei maiali, che nel piccolo villaggio potevano circolare liberi, contraddistinti da una campanella di riconoscimento.
Fu questo il motivo per cui, nella religiosità popolare, Sant'Antonio iniziò ad essere considerato il Santo protettore del maiale e per estensione di tutti gli animali domestici, dei macellai e delle stalle. Spesso veniva ritratto come un anziano monaco dalla barba bianca che con una mano sorregge un maialino e con l'altra impugna un bastone a forma di T ("tau", l'ultima lettera dell'alfabeto ebraico).
Negli ultimi anni del XII secolo l'Ordine ospedaliero di S. Antonio di Vienne fondò a Buttigliera Alta una struttura dotata di una foresteria per i pellegrini e di un lazzaretto per i malati afflitti dal "fuoco di sant'Antonio" (herpes zoster). Voluta dal conte Umberto III di Savoia ed ubicata sull'importante Via Francigena, la struttura deve il suo nome al toponimo rivus inversus, riferito ad un canale situato nelle vicinanze.
Con l'epidemia di peste della seconda metà del XIV secolo l'ospedale di Ranverso svolse un ruolo fondamentale per la cura e l'assistenza ai malati, le cui piaghe, come già per il "fuoco di sant'Antonio", venivano curate con il grasso dei maiali.
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Il complesso fu rimaneggiato più volte nel corso dei secoli: l'ultimo intervento a completamento della chiesa fu operato nel ultimo trentennio del XV secolo su volere di Jean de Monthenou. All'epoca il complesso comprendeva un ospedale, di cui rimane solo la facciata, la precettoria e la chiesa.
All'interno della chiesa si trovano numerosi affreschi realizzati da Giacomo Jaquerio, considerati tra i capolavori della scuola tardogotica piemontese (risalgono al secondo decennio del XV secolo). L'abside conserva inoltre un pregevole polittico di Defendente Ferrari datato 1531 e realizzato come voto su volere della vicina città di Moncalieri durante l'epidemia di peste dello stesso anno.
S. Antonio di Ranverso godeva di un consolidato potere sul territorio: nel 1776, dopo la soppressione dell'Ordine Ospedaliero degli Antoniani, i suoi possessi contavano circa un quarto dei terreni del comune di Buttigliera Alta e quattro grandi cascine alle sue dipendenze. Queste proprietà furono assegnate da papa Pio VI all'Ordine Mauriziano, che da allora è il detentore del complesso, dichiarato monumento nazionale nel 1883 e restaurato prima da Alfredo D'Andrade e poi da Cesare Bertea all'inizio del Novecento.
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La benedizione degli animali
Affresco di Giacomo Jaquerio, Precettoria di Sant'Antonio di Ranverso.
Il 17 gennaio, giorno dedicato a Sant'Antonio, la tradizione in tutti i nostri paesi vuole che si benedicano gli animali, le stalle ed i mezzi agricoli, ponendoli così sotto la sua protezione. In Veneto ed in Emilia, inoltre, si dice che la notte del 17 gennaio gli animali possano parlare: durante questo evento i contadini si tenevano lontani dalle stalle perché udire gli animali conversare era segno di cattivo auspicio.
Storicamente la festa del Santo è sempre stata celebrata in pompa magna anche all'Abbazia di Sant'Antonio di Ranverso, basti pensare al 17 gennaio del 1531 quando venne inaugurato lo splendido polittico di Defendente Ferrari con le storie di Sant'Antonio Abate dipinte nella predella.
Secondo la credenza popolare il Santo inoltre aiuta a trovare le cose perdute: al nord si dice "Sant'Antoni dala barba bianca fam trua quel ca ma manca” e al sud - dove viene spesso chiamato Sant’Antuono, per distinguerlo da Antonio da Padova - "Sant'Antonio di velluto, fammi ritrovare quello che ho perduto”.