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Il falco pellegrino (Falco peregrinus), appartenente alla famiglia dei Falconidi, detiene il primato di animale più veloce esistente in natura. Questo record deriva dal fatto che, specialmente in picchiata, raggiunge velocità che sembrano incredibili per un volatile, sfiorando i 320 km orari (la foto sopra al titolo è di Dante Alpe).
Il suo nome scientifico non è dovuto, come si potrebbe erroneamente pensare, al fatto che sia in perenne spostamento, bensì alla somiglianza con i pellegrini medioevali che, nei loro lunghi viaggi di devozione, indossavano un cappuccio scuro. Infatti il suo piumaggio, più scuro sul capo, fa sì che l’animale sembri davvero incappucciato.
Pur avendo dimensioni contenute, dato che la sua lunghezza è compresa tra i 35 e i 58 centimetri e l’apertura alare supera di poco il metro di ampiezza, il falco pellegrino è un vorace predatore, che si alimenta quasi esclusivamente di uccelli, dai piccoli passeriformi fino alle specie più grandi, incluse le anatre. A tal proposito viene spesso impiegato per fronteggiare la diffusione dei piccioni nelle aree residenziali.
Il falco pellegrino ha uno sguardo vispo, con i due occhi scuri contornati da un’area gialla priva di piume che contraddistingue anche la zona in prossimità del becco adunco. Quest’ultimo possiede un intaglio che gli consente di spezzare le vertebre cervicali del collo delle sue prede.
A differenza di aquile e poiane infatti, il falco non uccide la preda con le zampe: gli artigli servono soltanto a tramortirla con un colpo chiamato stoccata, mentre è il becco appuntito che le sferra il colpo di grazia.
Le piume del dorso e le ali sono nero bluastre o grigie, con striature, mentre la parte inferiore è striata di marrone scuro o nera. Nera è anche la testa, che contrasta decisamente con il candore della gola e del piumaggio sottostante.
Le femmine sono in genere decisamente più grandi dei maschi ed hanno il compito, dopo aver deposto le uova, di covarle e di difendere il nido dai predatori, mentre i loro compagni si occupano di procacciare il cibo.
Talvolta, il falco pellegrino viene confuso con il gheppio, volatile più piccolo e meno massiccio, da cui è facilmente distinguibile osservandoli in volo. Il falco pellegrino infatti, non pratica il volo dello spirito santo, utilizzato dal gheppio per cacciare, che consiste nel librarsi fermo per aria, mantenendo la posizione con piccoli movimenti delle ali.
Il falco pellegrino non vola veloce in orizzontale, ma è incredibile in picchiata: per questo predilige la caccia scendendo verso il basso da grandi altezze.
Una sistemata alle piume. Falco pellegrino in Val di Susa (foto di Dante Alpe).
Fedele fino alla morte, venerato in ogni epoca
Nel caso del falco il detto “finché morte non ci separi” è particolarmente appropriato. L’animale, infatti, è fedele al suo partner fino al momento del trapasso di questi e non cerca altra compagnia se non dopo essere rimasto solo.
Non amando il disturbo provocato dal genere umano, in genere le femmine depongono da 2 a 4 uova per covata su rocce scoscese o utilizzando i nidi isolati di altri rapaci. Tuttavia, negli ultimi anni hanno ridotto la loro asocialità ed è capitato che abbiano scelto di deporre le uova anche negli anfratti dei campanili o su grattacieli cittadini.
Singolare è il caso dei due pulli rinvenuti nel 2014 in cima al grattacielo Pirelli di Milano, che balzarono subito alle cronache per l’inusualità del fatto, ripetutosi poi negli anni a venire.
In genere la cova dura poco più di un mese, dai 32 ai 37 giorni a seconda della latitudine e dell’umidità della zona scelta per la nidificazione.
Il falco è sempre stato considerato un animale affascinante dalle popolazioni, alle diverse latitudini e nelle varie epoche. Nella mitologia egizia era associato ad Horus, dio del Sole, figlio di Osiride ed Iside. E, pur non avendone certezza, si presume che, tra le tante tipologie di falchi esistenti, il riferimento fosse proprio al falco pellegrino, in virtù delle piume scure poste sotto gli occhi di questa specie, che assomigliano ad una mezzaluna e ricordano l’occhio di Horus, simbolo di sovranità e prosperità.
Giovane falco pellegrino (foto di Batti Gai).
I Greci lo ritenevano essere il messaggero di Apollo, le popolazioni nordiche erano convinte che la dea Freya indossasse un mantello realizzato con piume di falco che le consentiva di essere trasportata ovunque.
Anche Dante lo cita nel XIX canto del Purgatorio, paragonandosi ad un falco che fino a quel momento aveva guardato in basso e invece ora è pronto a sollevare lo sguardo per il desiderio del cibo che lo attira.
Ma in letteratura è altrettanto noto il Falcone maltese, da cui fu tratta una pellicola cinematografica degli anni ‘30 interpretata da Humphrey Bogart, che prende spunto dalla trafugazione di una statuetta raffigurante un falco.
Al di là della loro funzione mitologica o letteraria, è indubbia l’importanza rivestita dai falchi pellegrini nel mantenimento della biodiversità, grazie alla caccia che attuano nei confronti delle specie volatili in eccesso. Proprio per questo motivo, durante la seconda Guerra mondiale furono presi di mira dal governo inglese, in quanto la loro presenza ostacolava lo spostamento dei piccioni viaggiatori impiegati per le comunicazioni.