Laboratorio Alte Valli - Cuore innovativo
Giaveno è legata al pittore Francesco Gonin poiché egli vi trascorse gli ultimi anni della sua vita, in borgata Buffa, quando era ormai famoso. Eppure, le cronache orali riportano di un uomo che non disdegnava scendere nella piazzetta ad incontrare i concittadini e ad intrattenersi con loro, che lo apprezzavano come uomo arguto, piccante e sarcastico. Visse a Villa Marsili, di proprietà della seconda moglie, Angela Marsili, dal 1877 fino alla sua morte nel 1889.
Il suo amore per la Valsangone fu forse influenzato dal suocero, padre della prima moglie Olimpia: il maestro Luigi Vacca infatti affrescò appena diciassettenne l’interno della Chiesa di San Giacomo all’Indiritto di Coazze.
Gonin nacque a Torino il 16 novembre del 1808 da una famiglia di modeste condizioni, originaria di Torre Pellice e di religione valdese. Il suo talento fu chiaro fin dalla tenera età e per questo venne mandato, da quando aveva dodici anni, a frequentare l’Accademia di Pittura e scultura di Torino, scuola diretta da Lorenzo Pécheux.
Tramite l’amico e compagno di studi Cesare Vacca conobbe il padre, Luigi, con cui lavorò in seguito a Ginevra e nella realizzazione delle scenografie e dei costumi per rappresentazioni nei teatri regi di Torino. Grazie al Vacca (che divenne suo suocero nel 1829), eseguì il suo primo incarico importante: un ciclo di affreschi dedicati alla vita di San Bernardo ad Altacomba (Hautecombe).
Un lavoro non facile: nelle sue memorie Gonin scrisse: “Feci del mio meglio, ma essendo la prima volta ch’io dipingeva a calce e colore, era imbarazzato assai, e per produrre qualcosa non di buono ma di tollerabile, dovetti fare e disfare e rifare non so quante volte ogni cosa”.
Nel 1820-22 cominciò a interessarsi di litografia presso gli stabilimenti di Felice Festa, il primo a sperimentare la tecnica nel Regno di Sardegna. Una procedura nuova che affascinò Gonin, pittore che amava industriarsi su diverse superfici e con diverse tecniche.
Una delle caratteristiche del Gonin fu infatti la versatilità: si cimentò negli acquerelli, negli oli, nella realizzazione di scenografie. Anche i soggetti erano i più disparati: religiosi, ritratti, battaglie, paesaggi, ed in particolare cascate.
La produzione litografica del Gonin si concentrò tra il 1822 e il 1843 e, prima dell’opera che lo rese famoso ovunque, le litografie più importanti furono quelle realizzate per l’opera “Viaggio romantico-pittorico nelle provincie occidentali dell’antica e moderna Italia”, di Modesto Paroletti.
Nel 1833 ridisegnò le vignette, preparate dall’autore, per il romanzo “Ettore Fieramosca” di Massimo D’Azeglio: fu l’inizio di uno stretto rapporto anche con gli scrittori dell’epoca, e il “gancio” per arrivare al Manzoni, che di D’Azeglio era il suocero.
Ma prima di arrivare alle conoscenze ed esperienze milanesi, occorre ricordare la sua collaborazione con la casa reale, iniziata nel 1834. Le prime opere vennero commissionate da Carlo Alberto, e furono acquerelli raccolti nell’album privato del re. Essere il pittore reale gli consentì di farsi conoscere presso grandi famiglie aristocratiche, che gli chiesero ritratti e decorazioni per le loro tenute. Dalla seconda metà del secolo, l’artista lavorò molto per le famiglie borghesi, rappresentando soggetti mitologici e allegorici, nature morte e pittura di genere.
Venendo da un’infanzia povera, Gonin prendeva moltissime commissioni, e questo provocava spesso dei ritardi nelle consegne: ve ne sono le prove in lettere e documenti e nello stesso diario dell’artista.
I Promessi Sposi
Tramite D’Azeglio nel 1835 conobbe Alessandro Manzoni, e i suoi frequenti viaggi a Milano gli consentirono di stringere rapporti con importanti collezionisti e con gli intellettuali dell’epoca.
Con Luigi Vacca partecipò agli affreschi della volta del Duomo di Torino (1836-1841) eseguendo le figure dei Profeti, ora non più esistenti. Assunse la direzione del vestiario e dei figurini presso il Regio Teatro di Torino (1836-1838). Realizzò xilografie per le poesie del Porta; partecipò a diverse mostre presso la Società Promotrice delle belle arti e realizzò affreschi e tele ad olio per Palazzo Reale, oltre ad affrescare il soffitto del Teatro Carignano e la volta della Camera nazionale dei deputati a Palazzo Carignano.
“In questi lavori l’artista sviluppa una “maniera eclettica” che avrebbe contrassegnato tutta la sua produzione artistica”. I critici scrivono che “le fonti privilegiate erano la pittura neoclassica, il raffaellismo purista, il decorativismo settecentesco, la pittura del Seicento controriformato, con attenzione al classicismo bolognese e alle esperienze lombarde”. Alcuni lo hanno contestato per la “colorazione esagerata” dei suoi quadri; il critico Alessandro Stella scrisse che “eccedeva nella scelta delle tinte vivaci, abbaglianti, smaccate. In alcune sue tele l’occhio non sa dove trovare riposo, tutti i colori vi saltano allo sguardo e s’accapigliano”.
Un censimento delle tantissime opere eseguite dal Gonin è possibile grazie al suo manoscritto “Elenco dei miei lavori e qualche lavoro di gioventù: memorie”; se ne trovano tracce o ricordi anche a Casale Monferrato e a Racconigi.
Nel 1839 cominciò a lavorare per l’edizione illustrata de “I Promessi Sposi”: la produzione di xilografie durò fino al 1842. Si trattava di un difficile processo d’équipe: Gonin eseguiva a Torino direttamente sul legno di bosso le illustrazioni, poi le inviava a Milano a Manzoni che sorvegliava personalmente tutto il lavoro di stampa. Secondo un’altra fonte Gonin eseguiva gli schizzi, che poi venivano realizzati su legno da intagliatori esperti. In ogni caso, sovente vi erano ritardi e vi sono lettere di Manzoni in cui chiede – scherzosamente, ma non troppo – di non farlo attendere.
Anche perché il Manzoni aveva deciso di farsi imprenditore, pubblicando in prima persona l’edizione definitiva ed illustrata della sua opera più famosa per scoraggiare le contraffazioni, ovvero le edizioni pirata
Sono note le “Lettere di istruzione” al Gonin in cui lo scrittore dettava all’illustratore il suo immaginario, trasformando per la prima volta un romanzo in un’opera anche visiva: dettagliò arredamenti, scena, posture dei protagonisti e molti altri particolari.
Disegno originale per I Promessi Sposi.
La Monaca di Monza secondo il Gonin.
L’opera uscì a dispense, 108 in totale, tra il 1840 e il 1842, per questo è conosciuta come edizione "Quarantana". In totale le illustrazioni furono 508, di cui 443 per “I Promessi Sposi” e 65 per “Storia della colonna infame”.
Dopo aver sposato in seconde nozze Angela Marsili vedova Bruneri, Gonin nel 1877 si trasferì a Giaveno, nella villa della moglie. All’esterno è ancora visibile un affresco del 1877 che raffigura la Madonna, il Bambin Gesù, i santi Paolo e Francesco di Sales e Santa Angela Mericci (quest’ultima con le fattezze della moglie).
Altre opere dell’artista in valle sono “Allegoria d’amore” del 1872 e “San Martino” del 1887, conservate a Palazzo Marchini, sede del Municipio di Giaveno, e a Trana presso la chiesa della Natività di Maria un dipinto ad olio raffigurante una Maddalena penitente.
A Torino viene aperta in occasioni speciali la “Sala Gonin” presso la stazione ferroviaria di Porta Nuova: era la sala d’aspetto dei reali ed è mirabilmente affrescata.
Il pittore morì a Giaveno il 14 settembre del 1889 e per sua espressa volontà volle essere sepolto nel cimitero di San Sebastiano, che ora non esiste più. I suoi funerali furono solenni; il quotidiano “La Gazzetta piemontese” del 15-16 settembre ne diede la notizia con un articolo in prima pagina:“In una villetta di Giaveno è spirato ieri, colto da improvviso malore, un grande pittore piemontese, Francesco Gonin. Imparò a dipingere nello stesso tempo che a leggere, e la morte sola gli tolse di mano il pennello. Oggi la pittura ha preso un indirizzo più libero, ma nei quadri di Gonin si ammira sempre il disegno corretto e la profondità del pensiero nell’invenzione”.
Quando il vecchio cimitero venne smantellato, anche i resti dell’artista vennero spostati nel nuovo; all’ingresso oggi vi è un’epigrafe che riporta l’epitaffio inciso sulla vecchia tomba del pittore. La Città gli ha dedicato l’Istituto Comprensivo “F. Gonin” e una via nei pressi della sua abitazione.
"Omaggio a Gonin": Il pieghevole e un pannello ilnformativo.
Nel 2018 l’Associazione PICS (Proprietari Immobili Centro Storico) avvia il progetto “Omaggio a Gonin”: nelle vie del centro storico di Giaveno sui muri delle case vengono riprodotti da artigiani locali i personaggi de “I Promessi Sposi” così come illustrati dall’artista (alcuni li trovate nelle foto che corredano questo articolo). Il percorso ci conduce lungo la storia del romanzo, ma anche attraverso scorci caratteristici del borgo medievale.
È stata predisposta una mappa per seguire tutti i dipinti situati in via Umberto I, piazza Ruffinatti, piazza Sclopis, via Sant’Antero, via Maria Ausiliatrice e via delle Alpi: si può trovare presso l’Ufficio turistico oppure a questo indirizzo online.
Per maggiori informazioni si può scrivere alla mail info@goningiaveno.it