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Ci sono modi di dire, proverbi, similitudini, usanze, che appartengono al dialetto piemontese, ma che sono entrati a far parte della terminologia quotidiana.
Uno di questi è sicuramente “essere al pian dij babi”, che ad un profano potrebbe ricordare una località tipica. Ma “il pian d’i babi” può essere ovunque, perché sta ad indicare una situazione negativa.
Tradotto letteralmente, significa “al piano dei rospi” e rappresenta la spiegazione visiva di una situazione di difficoltà. I rospi, infatti, quando tentano di risalire la sponda dello stagno, scivolano verso il basso, vanificando l’immane sforzo portato avanti per raggiungere la cima. In men che non si dica, vengono a trovarsi di nuovo al punto di partenza.
Allo stesso modo alcune persone, per colpa loro, di terzi, o semplicemente per il fato avverso, possono ritrovarsi a dover ricominciare daccapo un’impresa che credevano di aver quasi portato a termine. Essere al pian d’i babi può significare anche essere con il morale a terra, o non aver ancora trovato il bandolo della matassa per risolvere una situazione complicata.
Dalla connotazione negativa anche l’espressione ’l saut dël babi, ovverosia il salto del rospo, che porta alla memoria un truculento gioco dei bambini di una volta, che collocavano un rospo all’estremità di un asse posto su di un bastone o tronco, a mo’ di altalena. Colpendo l’estremità opposta, i bambini facevano volare in alto il batrace, che poi finiva con lo schiantarsi malamente al suolo, con risultati che vi lasciamo immaginare.
Il rospo è protagonista anche della frase "Fe la fin dël babi", che presagisce una situazione nefasta: lungo le strade di campagna, i rospi tendono ad acquattarsi nei solchi lungo il terreno. Al sopraggiungere di un trattore o di una vettura, spesso finiscono schiacciati dalle ruote. Ecco, questa è “la fin dël babi”.
Che il rospo non sia un animale particolarmente affascinante è sicuramente una realtà. Al contrario è indispensabile nell'ecosistema generale, per l'utilità nel tenere a bada molte specie di piccoli animali nocivi.
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Nonostante questo la povera bestiola viene spesso accostata a situazioni negative. Pensate ad esempio alla frase “avere un rospo in gola” che sta ad indicare il disagio di non poter esprimere qualcosa, sia esso un sentimento od una parola, percependo la sensazione sgradevole di avere l’anfibio incastrato lungo la faringe. Ecco perché si è anche soliti invitare qualcuno alla confessione dicendo “sputa il rospo”.
Povero anfibio, bistrattato nella lingua italiana e dialettale. Per fortuna, in suo soccorso arrivano gli autori di favole. Che rivalutano la categoria, lasciando immaginare che dietro le sembianze di un ranocchio possa nascondersi un affascinante principe azzurro.